Casi Risolti

Casi Risolti

DVR e Modello 231

Del 07 Novembre, 2014

Quale rapporto intercorre tra il DVR e l'eventuale modello 231 di cui si è dotata l'impresa? La valutazione contenuta nel DVR può avere efficacia esimente ai fini del d.lgs. 231/2001?
Il modello 231 integrato con l'art. 30 del d.lgs. 81/2008, è un onere per l'impresa e quindi un sistema diverso da quello concernente la normativa della tutela della salute e sicurezza sul lavoro che impone al datore di lavoro una serie di obblighi, primo fra tutti quello di redigere il documento di valutazione dei rischi ai sensi degli artt. 26 e 28 del d.lgs. 81/08. La distinzione tra modello integrato e DVR è invero sostanziale e non si risolve solo soto il profilo della cogenza. In proposito la giurisprudenza, a fronte di una linea difensiva che sosteneva l'efficacia esimente del DVR, stante la sua equiparazione con il modello organizzativo 231, ha chiarito: "Non è possibile che una semplice analisi dei rischi valga anche per gli obiettivi del d.lgs. n. 231. [...] il modello teso ad escludere la responsabilità societaria è caratterizzato anche dal sistema di vigilanza che, pure attraverso obblighi diretti ad incanalare le informazioni verso la struttura deputata al controllo sul funzionamento e sull'osservanza, culmina nella previsione di sanzioni per le inottemperanze e nell'affidamento di poteri disciplinari al medesimo organismo dotato di piena autonomia. Queste sono caratteristiche imprescindibili del modello organizzativo. Ad esse vanno cumulate le previsioni, altrettanto obbligatorie nel modello gestionale del d.lgs. 231 ma non presenti nel documento di valutazione dei rischi, inerenti alle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati" (Tribunale di Trani - Sez, Molfetta, udienza pubblica del 26/10/2009).

Amministratore dell'ente no-profit

Del 22 Ottobre, 2014

L'ente no profit può remunerare i suoi amminsitratori?
La possibilità di versare corrispettivi ad amministratori e organi sociali degli enti non profit a fronte del loro impegno profuso nell'ente, è aspetto delicato. Infatti, uno dei principi cardini della disciplina riguardante gli enti non profit è il divieto di distribuzione di utili tra i soci. Quindi, dei compensi versati in maniera non giustificata potrebbero nascondere, o essere considerati, come un'indiretta distribuzione di utili. Ciò potrebbe far perdere all'ente il requisito della non commercialità e tutte le relative agevolazioni fiscali.
Per l'amministratore-legale rappresentante dell'ente, cioè di solito il presidente dell'associazione o della fondazione, potrà essere previsto un compenso come indennità di carica. Tale compenso deve essere approvato dal consiglio direttivo, che dovrà specificare i doveri e gli obblighi dell'amministratore, il quale dovrà iscriversi alla gestione separata INPS.
Più in generale, i compensi a gestori o soggetti che svolgono attività a favore dell'associazione, possono essere erogati solo per le attività o impegni effettivamente svolti. Tali attività dovranno essere documentate nel rendiconto annuale, che dovrà riportare dei parametri quantitativi per "misurare" l'attività effettivamente svolta (numero riunioni, trasferte, redazione progetti ecc.). Gli incarichi e il compenso dovranno sempre essere approvati dal Consiglio Direttivo o analogo organo amministrativo.

Confisca per equivalente

Del 14 Ottobre, 2014

Nell'ambito del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cui all'art. 19, comma 2, d.lgs. 231/2001, c'è l'obbligo per il giudice di individuare, con il decreto che dispone la misura cautelare, i beni costituenti profitto di reato?
Il 6 ottobre 2014 la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, ai sensi del D.lgs 231/2001, confermando l'orientamento ad oggi prevalente, ovvero che si può procedere alla confisca per equivalente ogni qual volta l´individuazione dei beni direttamente confiscabili non sia possibile anche solo in via transitoria (e perciò reversibile). La Corte ha affermato che "non è possibile pretendere la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto del reato, giacché, durante il tempo necessario, per l´espletamento di tal ricerca, potrebbero essere occultati gli altri beni suscettibili di confische per equivalente, così vanificando ogni esigenza cautelare" (Cass. Pen. n. 41435/2014 ).